UNFPA – Donne e ragazze vedono peggiorare l’accesso alla sanità mentre le ostilità intensificano gli sfollamenti a Gaza, in Libano e in Siria
11 Ottobre 2024
Le recenti escalation del conflitto in Medio Oriente stanno provocando sfollamenti di massa e interrompendo servizi sanitari critici per donne e ragazze. Le autorità israeliane stanno imponendo nuove evacuazioni di ospedali nel nord di Gaza, tra cui due che forniscono cure ostetriche d’emergenza alle donne incinte, tra bombardamenti e operazioni di terra. Gli ordini di evacuazione stanno spingendo gli abitanti di Gaza verso il sud, una regione che deve affrontare il sovraffollamento e la carenza di servizi di base.
Nel frattempo, i servizi sanitari in Libano sono stati gravemente danneggiati. Almeno 98 centri sanitari primari sono stati costretti a chiudere nell’ultimo anno e cinque ospedali non funzionano più a causa di danni fisici o infrastrutturali. Migliaia di persone continuano ad attraversare il confine dal Libano alla Siria, molte delle quali sfollate per la seconda o terza volta. Gli sfollamenti di massa colpiscono in particolare donne e ragazze. Si stima che 60.000 donne abbiano partorito a Gaza dall’inizio del conflitto, un anno fa.
In questo lasso di tempo, l’UNFPA, l’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva, ha aiutato circa 45.000 di queste donne a partorire in modo sicuro, ma molte altre non sono riuscite a raggiungere i servizi per un parto sicuro. E ora molti centri sanitari, già a malapena funzionanti, stanno chiudendo perché il personale è intrappolato a casa dai combattimenti, non può presentarsi al lavoro o perché il personale addetto alla salute sessuale e riproduttiva viene trasferito a sud per far fronte all’afflusso di sfollati. L’entità della devastazione a Gaza rimane senza precedenti”, ha dichiarato Nestor Owomuhangi, rappresentante UNFPA in Palestina.“La distruzione, la perdita di vite umane, la disperazione sono schiaccianti”.
Il personale medico riferisce di un forte aumento degli aborti spontanei e delle morti materne, ha dichiarato Owomuhangi, aggiungendo che l’ansia e la malnutrizione ostacolano l’allattamento delle neomamme, con migliaia di donne incinte “sull’orlo della carestia” e “in condizioni simili alla carestia”.Neomamma attraversa il confine stringendo la ferita del parto cesareoL’UNFPA e i suoi partner stanno anche cercando di soddisfare le esigenze delle persone in fuga dai bombardamenti in Libano.
Samah, una 28enne libanese madre di tre figli, è diventata una rifugiata solo tre giorni dopo aver subito un parto cesareo.
“Eravamo vicini quando c’è stato l’attacco e la notte è diventata giorno, come se fosse sorto il sole”, ha raccontato all’UNFPA. Sarah e’ fuggita verso il confine siriano, ma un cratere lasciato sulla strada dagli attacchi israeliani si è rivelato impraticabile in auto, così lei e i suoi figli hanno percorso parte del tragitto a piedi. “Ho avvolto il mio stomaco con un panno pulito, ho portato mio figlio e sono scesa al confine”, ha raccontato.
Temendo un’infezione, Samah ha cercato assistenza in una clinica una volta che lei e i suoi figli hanno raggiunto il confine. L’équipe medica sostenuta dall’UNFPA ha esaminato la ferita del parto cesareo e ha assicurato a Samah che sia lei che il neonato erano in buona salute.
“Nel momento in cui ho visto il pediatra controllare il mio bambino e le infermiere prendersi cura della mia ferita, ho sentito di nuovo la speranza”, ha detto Samah. “Mi hanno dato antibiotici, nutrienti e soprattutto mi hanno dato un senso di sicurezza”.Bisogni crescenti tra i sopravvissutiLe esigenze sanitarie degli sfollati non comprendono solo l’assistenza medica, ma anche il sostegno psicologico e il trattamento dei traumi.Tuttavia, molti fornitori di questi servizi sono essi stessi alle prese con lo sfollamento.“Le donne del rifugio si relazionano con noi e noi con loro”, ha detto Lama, coordinatrice di un programma specializzato in salute sessuale e riproduttiva e nella prevenzione della violenza di genere.
Questa settimana si è trovata a fuggire dai bombardamenti nel sud di Beirut. “Non ho nemmeno pensato di portare con me qualche vestito invernale. Avevamo circa 15 minuti per prendere quello che potevamo e lasciare le nostre case”. Tuttavia, continua il suo lavoro di coordinamento dei servizi per gli altri. I rifugi collettivi sono stracolmi e hanno troppo pochi bagni. Il personale di Amel ha dichiarato all’UNFPA che un numero sempre maggiore di sopravvissuti cerca sostegno per la violenza di genere. “È nostra responsabilità, ora più che mai, garantire che ricevano il sostegno di cui hanno bisogno”, ha detto Lama.
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